La Chiesa della Madonna del Carmine
© di Fiorella Proietti e Luigi Zuchi  3/2012

Sutri – La chiesa di S.Maria di monte Bono, poi dedicata alla Madonna del Carmine

 

 

Facendo una passeggiata intorno alle mura di Sutri, tra porta Franceta (o Gallice) e porta San Pietro incontriamo una stradina proveniente dal Burgos Major della Antiqua Civitas Sutrina che, da Porta la Selce conduce ai piedi di una Chiesa semidiruta immersa nel verde. E’ l’antica Chiesa di Santa Maria di Monte Bono intitolata poi, dopo il 1800, alla Madonna del Carmine.

Non si sa quando sia stata edificata ma la troviamo già citata nel testamento di Giacomo Blaselli Figliolelli (redatto il 26.1.1480 prot.31 notaio Damiano Marcoli), il quale elargisce un ducato per l’ornamento della Chiesa di Santa Maria di Monte Bono.

Alla chiesa era annesso un vasto complesso conventuale utilizzato dai Carmelitani Osservanti della Congregazione di Mantova almeno dal 1491, come attestato in un atto notarile da cui si evince che un tal Tomasso, figlio di Costanzo Peretti di Villa Nova del Piemonte, desiderando essere sepolto nella Chiesa di S.Maria di Monte Bono, lascia sei ducati per la costruzione di una Cappella a frate Lorenzo, Priore del Convento (atto rogato dal notaio Nicola Rofolo 1.3.1491 prot.38).

I Padri Carmelitani di Mantova erano associati come confessori e padri spirituali anche al monastero sutrino della Concezione della beata Maria Vergine, anch’esso dell’ordine carmelitano, (citato agli inizi del 1510) tuttora attivo, nei pressi di porta Card. Giovanni Morone in contrada Porta San Pietro, che ospitava in origine le monache di Santa Cristina.

Il Papa Pio VI, con decreto del 6.6.1783 inglobò l’ordine dei Carmelitani di Mantova in quello dei Carmelitani Calzati, per cui nella primavera del 1784 i frati dovettero lasciare monte Bono.

Il Convento con le sue entrate, i suoi annessi e il terreno circostante fu ceduto, con facoltà di alienazione, al venerando convento di S. Crisogono di Roma, mentre la chiesa con le sue suppellettili apparteneva alla Comunità di Sutri (atto del 22.3.1784 del notaio M.Patricelli).

A riprova dell’appartenenza di detta Chiesa alla Comunità, fatto di cui qualcuno ha recentemente dubitato, si cita un contratto del 6 ottobre 1904, rogato dal segretario comunale, a firma del sindaco Giuseppe Picchiorri, con il quale si incarica per due anni il signor Gaetano Gentili della manutenzione di vari fabbricati di proprietà comunale per il salario di 150 lire annue. Nell’elenco degli immobili, che comprende la chiesa della Madonna della Cava (o della Maddalena), la chiesa di San Francesco e l’Ospedale, c’è anche la chiesa del Carmine.

LE VICENDE DELLA CHIESA DOPO L’ABBANDONO DEL CONVENTO.

La comunità evidentemente non si  prendeva molta cura della Chiesa se il 14 luglio  1925 Giovan Battista Goretti, ispettore della Soprintendenza, dovette scrivere la seguente lettera: “…Fino al principio del secolo scorso, cioè fino ai tempi di Napoleone I, la Chiesa  del Carmine di questa città, con l’annesso convento, ora diruto, apparteneva ed era officiata ai Carmelitani, i quali dovettero evadere e più non ritornarono. Da quel tempo, è sempre rimasta aperta al culto. I fedeli vi hanno grande devozione e desidererebbero la officiatura continua della Chiesa. In realtà, finchè non fu chiusa al pubblico (ora per ordine delle Autorità è stata sbarrata per ragioni di pubblica incolumità), pur non avendo mezzi e rendite proprie, è stata officiata in alcune circostanze dell’anno, con il solo contributo della popolazione… La Chiesa non ha rendite né patroni. Il popolo desidera e chiede con insistenza che si facciano le riparazioni necessarie e che la Chiesa venga riaperta al pubblico”.

Dopo una perizia fatta nel 1925, i lavori di restauro iniziarono nel 1926 e si conclusero nel 1929, come attesta un’ iscrizione marmorea conservata presso il locale museo del Patrimonium.  La chiesa fu riaperta al culto il 20 ottobre del 1929 alla presenza del promotore del restauro, Giovan Battista Goretti e dell’indimenticato Monsignore don Abele de Dominicis,  nominato parroco della Cattedrale sutrina (sin dal 1900) dal Vescovo G.B. Doebbing e successivamente Arciprete.

Nel 1946 il Comune concesse il permesso al regista Alessandro Blasetti di girare all’interno della chiesa il film “Un giorno nella vita” ma al termine delle riprese, con sommo rammarico dei Sutrini,  fu accertato che per le esigenze del set era stato praticato un foro di circa due metri nel pavimento ed un’apertura di pari entità nel tetto, che nessuno aveva provveduto a far risarcire. Ancora di peggio avvenne nel 1954 durante le riprese del film “Bella non piangere”, diretto dal regista David Carbonari, quando furono danneggiati gli altari delle cappelle laterali, senza nessuna protesta da parte del Comune, proprietario dell’immobile. Solo grazie all’intervento di privati cittadini come la signora Maria Buzi Mezzadonna e Monsignor Antonio Vannucci e i suoi parrocchiani  di San Silvestro, furono eseguiti i lavori  necessari per rendere  agibile la chiesa. Per qualche anno fu anche officiata e fu ripetuta la tradizionale processione della Pentecoste.

Negli anni sessanta fu di nuovo pressoché abbandonata. Tante persone anziane ricordano ancora il crollo del  campanile  e il fatto  sorprendente che,  fra le macerie dello stesso, non fosse stata ritrovata  la campana, immediatamente asportata  da qualcuno. Agli inizi degli anni ’80 cominciarono i saccheggi con il distacco di diverse porzioni delle superfici affrescate. La notizia è confermata da Padre Mauro Mezzadonna  il quale ricorda di aver consegnato alla locale Pro-loco le foto riproducenti i dipinti staccati dalle pareti della Chiesa.

LA CHIESA OGGI

La chiesa oggi si presenta in uno stato di estrema fatiscenza, ridotta quasi a un rudere, nella più totale incuria, invasa da rovi e macerie. L’opera di profanatori e saccheggiatori è stata costante nel tempo. E’ stata rimossa una parte del portale, asportate le acquasantiere, sfondati i sepolcri, staccati alcuni dipinti. Due brandelli di affresco rubati sono stati ritrovati dai Carabinieri nel 1993 e attualmente conservati nel Museo del Patrimonium. Qualche anno fa, attraverso un articolo pubblicato sulla stampa locale,  abbiamo lanciato un appello alla comunità sutrina affinchè  la chiesa venisse salvata o almeno i pochi dipinti rimasti al suo interno, ma cadde nel vuoto. Lo rinnoviamo oggi all’Amministrazione comunale e a tutti coloro che hanno a cuore la cultura, la storia e le tradizioni della città di Sutri. In particolare all’ente nazionale preposto a tale scopo. Accertato che tale Chiesa non risulta elencata, per mero errore, tra i beni da salvaguardare.

L’INTERNO DELLA CHIESA

Una tesi del 1986 di L. Brunetti ci fornisce notizie preziose sull’interno della chiesa, quasi una fotografia del suo stato di conservazione in quel preciso momento. Ne riportiamo una breve sintesi per quanto riguarda la Sagrestia che oggi non esiste più. Per un portale in pietra di foggia quattrocentesca si accede all’interno della chiesa, divisa in tre navate da grossi piloni che sostengono  le arcate. Tre scalini consentono l’accesso all’altare maggiore in pietra, risalenteal XVI secolo.

A destra dell’altare maggiore si passa nella sagrestia attraverso un portale dai montanti scorniciati che sostengono un semplice architrave recante uno stemma dove sono raffigurati un leone rampante e una stella (da indagini sembrerebbe trattarsi dello stemma dei Conti Cialli-Flacchi di Sutri).  Dinanzi al portale c’è una campanella in bronzo, adorna di piccoli rilievi rappresentanti un uomo a cavallo e dei fiori stilizzati, senza iscrizioni. Il vaghissimo e non comune pavimento della sagrestia, risalente con molta probabilità al XVI secolo è composto da ambrogette senesi quadrangolari in maiolica, a semplice disegno geometrico su fondo bianco,  con predominanza dei colori azzurro, violaceo e arancione. Tale pavimento è molto rovinato e solo in piccole porzioni si possono ammirarne la forma e i colori originari.
Entro una nicchia della navata destra vi è un dipinto raffigurante un santo seduto su un maestoso trono di colore violaceo, probabilmente si tratta di S. Eusebio. La Brunetti giudica  questo affresco certamente il più pregevole che si conservi  nella Chiesa: l’impostazione della figura, i colori, la delicatezza del volto,  a suo giudizio, indicherebbero la fine del XV secolo come  epoca della  sua esecuzione. Per quanto riguarda l’autore, pare si sia  notata una somiglianza stilistica con i lavori di Melozzo da Forlì. La parete sinistra accoglieva invece un dipinto raffigurante S. Rocco fra gli angeli, che risultava già all’epoca fortemente rimaneggiato.
Sopra il secondo pilastro, nella navata centrale, c’era  invece un dipinto raffigurante S. Lucia, a mezzo busto con  tunica verde e  manto rosso, giudicato dall’autrice della tesi, quasi completamente ridipinto da mediocrissima mano nel XVI secolo.

ULTERIORI NOTIZIE SULLA CHIESA.

Le seguenti notizie, quasi totalmente inedite, ricavate da fonti d’archivio e da visite pastorali, forniscono ulteriori indicazioni sulle  varie cappelle  della Chiesa e sulla loro costruzione, sulle maestranze che hanno lavorato a Monte Bono e sui lavori eseguiti nel corso del tempo,  su alcuni personaggi che vi hanno vissuto o vi sono stati sepolti.  Il notaio sutrino Ser Damiano (fu Bartolomeo fu Stefano Marcoli), con atto rogato dal notaio Simone Marri del 12.5.1486 prot.31, dichiara  che i propri nipoti Biagio e Innocenzo, figli del defunto fratello Massimo, colpiti da “morbo pestifero” erano stati accompagnati nella Chiesa di S.Maria di Monte Bono, dove poi, miracolosamente, erano stati sanati. Quale ringraziamento per lo scampato pericolo, ser Damiano incarica il Santese della chiesa, un certo Cristallo, di far dipingere l’immagine di S. Maria Maddalena  e di “fare il colonnato con archi”.

Nella visita pastorale del 14.4.1689 del Vescovo Francesco Giusti si elencano gli altari:

-altare maggiore col titolo di Santa Maria Vergine nel quale “è dipinta in parete l’immagine di S.Maria;                                                       
-altare della SS. Concezione;
-altare  di S. Liberato, con immagine del Crocifisso;
-altare di S. Rocco e S. Sebastiano (diritto di  patronato della Confraternita laicale);
-altare di  S. Eusebio (diritto di patronato della Comunità);
-altare di S. Alberto e S. Teresa (poi di S. Maria Maddalena de Pazzi, fiorentina);
-altare della  SS. Annunciazione;
-altare di S. Terenziano (citato negli atti notarili sin dal 1480).

La Cappella dedicata a San Rocco e San Sebastiano, (Santi considerati depulsores pestilitatis)  è  forse la più antica. La troviamo nominata nel testamento   di Giovanni fu Pietro di Piemonte, ospite dell’albergo “Stella”, ubicato  nel borgo sutrino  sotto la rupe di monte San Giovanni, il quale lascia 10 ducati per la sua  costruzione (atto 30.7.1500 prot.42 notaio N.Rofolo).  La cappella sembra essere stata quasi completamente ricostruita nel 1524   da mastro  Simone da Milano. La convenzione stipulata tra il Priore del Convento, frate Antonio Maria di Ferrara ed il Camerario della Confraternita di San Rocco, Luigi Bustelli prevedeva che ogni domenica mattina  nella Cappella si celebrasse  una messa cantata e suonata (ciò  fa supporre la presenza di un organo). La Confraternita versava ai frati un ducato a ogni festa di S. Rocco, oltre ai 10 ducati dovuti ogni 10 anni. Ogni iscritto alla Confraternita aveva diritto a essere sepolto nella cappella versando 10 scudi e lasciando un legato a favore della stessa al momento del testamento. Il Priore e i confratelli di San Rocco dovevano far celebrare tre messe all’anno  in onore di San Rocco e della Beata Vergine.

Per atto del notaio N.Rofolo del 30.1.1505 prot.45, il conte Giovanni dell’Anguillara di Cere, domino di castro Bassano, ratificava la donazione effettuata dalla defunta moglie Dna Girolama Ursini a favore della Chiesa di S.Maria di monte Bono di un uliveto in territorio di Calvi, in vocabolo i Cantonieri. Atto stipulato nel palazzo del conte in castro Bassano, in presenza di Sevolo Palombi di Sutri, santese della Chiesa.

Giovanni Antonio di Monteventano (Piacenza),  residente a Sutri in casa di Domenico Ventrocchi nel suo testamento  chiede  di essere sepolto nella Chiesa di S. Maria di Monte Bono a lascia due ducati per far dipingere nella stessa Chiesa le figure di S. Giovanni e Sant’Antonio dove parrà più opportuno al Priore del convento.(atto rogato il 5.3.1518 prot.167 notaio Giambattista Ladislai).

Antonio Guidarelli sutrino, nel suo testamento  chiede di essere sepolto nella Chiesa di S. Maria di Monte Bono, nella cappella dell’ Annunciazione della quale aveva lo jus patronato (atto del 14.3.1523 prot.168 notaio G.B.Ladislai).

Mastro Simone, (atto del 16.11.1535 prot.171 notaio G.B.Ladislai), è incaricato di costruire un corridoio  tra il convento e il chiostro “…simile all’altro corridoio che conduce dov’ è la cisterna” per il prezzo di 170 fiorini. All’inizio di tale corridoio doveva  essere fabbricata una cappella in onore dei Santi Martino ed Antonio, come da disposizione testamentaria di Giovanni Seuli. Dal documento notarile si apprende che presso il Convento di S .Maria di Monte Bono erano presenti: frate Angelo di San Felice, Priore; frate Francesco di Ponte dell’ Olio (Brescia); frate Gemignano di Bologna e frate Pietro di Zocco (Brescia). Il Santese della chiesa era il sutrino Pucciolello Cialli.

Con atto del 22.5.1526 prot.93 a rogito del notaio Scipione Quaglioni, gli Anziani della comunità Sutrina unitamente ai Santesi, donano alla Chiesa di S.Maria di Monte Bono due campane del costo complessivo di 68 fiorini.

Da un atto notarile, del 20.5.1495 prot.59 a rogito not. Placido Franchi,  si rammenta che l’ultimo giorno di marzo dello stesso anno, nella Chiesa di S. Maria di Monte Bono si svolse una solenne messa in onore della gloriosa Vergine Maria. Alla celebrazione erano presenti: la società dei pastori stanziati in Sutri, la società dei lombardi, la società delle calzolerie, la società degli arrotatori, la curia parrocchiale di S. Silvestro,  la curia parrocchiale di S. Maria,  la curia parrocchiale di S. Giuliano, la curia parrocchiale di S. Tommaso e  Santa Cecilia e la curia parrocchiale di S. Andrea.  Per devozione ognuna di queste società donò una torcia e dei denari. Finita la messa i frati e i santesi, Francesco Soma e Biagio Paluzzi,  contarono le offerte in denaro alla presenza dei notai, ser Ippolito Conti, ser Francesco Fresi  e ser Placido Franchi, per mandato degli anziani della città. Le donazioni ammontarono  a ventuno ducati.

La puntuale descrizione del notaio offre un interessante spaccato socio-culturale della comunità sutrina e attesta la  presenza di un nutrito gruppo etnico di provenienza lombarda.
In un atto rogato dal notaio Giacomo Antonio Ritozza il 27.5.1545 prot.323, si legge che la Comunità sutrina versava per mano dei Santesi (Dno Torquato Zefiro e Ser Domenico Palozzi) al Vicario carmelitano, frate Agostino di Acquanegra, scudi 7 e bolognini 38 per le necessità della Chiesa di S. Maria di Monte Bono. E’ accertato che il versamento avesse cadenza annuale.

Un atto notarile rogato il 22.5.1591  del notaio Evangelista Jacci (fu Sonzino), riporta il testamento di Giacomo Pirardi (commerciante di origine bergamasca residente a  Sutri), il quale chiede di essere sepolto nella Cappella di S. Alberto presso la Chiesa di S .Maria di Monte Bono. Vuole che gli eredi facciano dipingere detta cappella con le immagini dei SS. Gervasio, Nazaro, Felice e  Celso.  Dopo la sua morte, avvenuta  il 26.4.1595, la moglie, Donna Felicita Taxis bergamasca, stipula una convenzione con  il Priore del convento di Monte Bono, Benedetto Oldrado anch’egli di Bergamo, con la quale ottiene lo jus patronato della cappella di S. Alberto in cambio  di un terreno in località Capo Ripa. Il patto prevede l’impegno da parte della vedova di non togliere l’immagine di S. Alberto conservata nella cappella e di permettere la celebrazione di una messa in favore di donna Cecilia Cialli, nel giorno della festività del Santo

Un atto rogato dal notaio Marzio Lezi il 26.2.1612,  ci informa che la società dei “magistri” di Sutri, composta da 38 membri, eleggeva annualmente il Priore (detto “Signore”), il Camerlengo, il capo Mazziere, due Riscossori e il Depositario a cui competeva la festa della Pentecoste in onore della Gloriosissima Madre della Chiesa di S. Maria  di Monte Bono. Ogni “magistro” sottoscriveva il proprio impegno economico personale e, in quell’anno  il totale  delle offerte ammontò a scudi 73 e bolognini 60, da versare nel giorno della Pentecoste al Priore del Convento.

Il 15.4.1774 in un mandato di pagamento autorizzato dalla Congregazione del Buon Governo, vengono pagati scudi 3 e baiocchi 90 all’artista Silvestro Tosi per “ riattare, ritoccare e rifoderare il quadro di S.Maria Maddalena esistente nella veneranda Chiesa di Monte Bono di Jus patronato della Comunità sutrina”. 

LA PROCESSIONE ALLA MADONNA DEL CARMINE IL MARTEDI DI PENTECOSTE.

Sembra oggi essersi completamente persa la memoria di quella che è stata una delle processioni più sentite dal popolo sutrino nei secoli scorsi: la processione che si svolgeva  il martedì di Pentecoste. Dai documenti archivistici si può tentare una ricostruzione del tradizionale rituale cerimoniale: il Governatore e gli addetti alla Curia, il Magistrato, il Clero, il Seminario e le Confraternite si recavano in processione a Monte Bono, seguendo un percorso prestabilito che partiva dalla Cattedrale e si dirigeva verso l’odierna piazza del Comune (allora denominata piazza del Foro) da  dove, scendendo per via dell’Ospedale (allora denominata via Selciata), giungeva a Porta Gallice o Franceta, attraversava  la consolare Cassia e saliva fino alla Chiesa della Madonna. Qui offrivano al sacerdote celebrante ceri, olio e offerte in denaro che i due Santesi laici avrebbero impiegato a vantaggio della Fabbriceria. La messa solenne era cantata con l’accompagnamento dell’organo.
La festa della Pentecoste è una ricorrenza del calendario liturgico  cristiano che si celebra 50 giorni dopo la Pasqua concludendo le festività del Tempo pasquale. E’ detta anche Festa dello Spirito Santo perché celebra la discesa dello Spirito sulla Madonna e gli Apostoli che, fino all’’800 era evocata facendo piovere dall'alto sui fedeli, durante la messa, dei petali di rose rosse, da cui il nome di "Pasqua rosata", che la festività conserva tuttora in alcune zone del centro-sud dell'Italia. Nella tradizione ebraica la festa di Pentecoste era  anche un'occasione per gioiose riunioni sociali (Dt 16,1), e possiamo dedurre dal Nuovo Testamento che, come per la Pasqua, un gran numero di ebrei provenienti da tutte le parti del mondo raggiungevano Gerusalemme in pellegrinaggio per parteciparvi (At 2,5-11).
Questo notevole aspetto di carattere sociale sembra conservarsi nella tradizione sutrina dove le funzioni religiose erano accompagnate da una fiera e da una festa popolare che si svolgeva nei prati intorno alla chiesa con corse e giochi vari. I festeggiamenti erano organizzati e finanziati da artigiani e bifolchi ed erano allietati dal suono dei “piferari”  cioè dai musicanti, che per l’anno 1667 arrivarono da Canepina e Vignanello, diretti dal maestro Tiburzio Gran Cane, per il compenso di sei scudi. Questo genere di festeggiamenti fu però proibito dal Vescovo Francesco Giusti con decreto del 27.5.1691, dopo che durante la visita pastorale del 14 aprile 1689 aveva appurato che la festa era “ degenerata in vergognosa gazzarra” e i banchi erano stati collocati fin dentro la chiesa.

La Pentecoste non era la sola occasione che richiamava il popolo sutrino a Monte Bono. C’era anche una processione per la festa di San Liberato, compatrono che cadeva il 17 Agosto. Probabilmente seguendo il solito percorso i fedeli, accompagnati dalla banda musicale, giungevano a Santa Maria di Monte Bono per onorare il Santo di cui si conservava una reliquia nell’omonima cappella. Il percorso di questa processione, dedicata al compatrono S. Liberato, agli inizi del ‘900 è stato limitato all’interno della civitas sutrina. Oggi questa festa non viene più celebrata. Documentata da diversi atti notarili è anche la particolare devozione verso la chiesa di S.Maria di Monte Bono da parte di coloro che venivano a pregare nella cappella dei SS. Sebastiano e Rocco affinchè i due Santi taumaturghi li salvassero dal pericolo della peste. Abbiamo visto a tal riguardo(cfr. supra) la donazione fatta dal notaio Damiano Marcoli in seguito alla guarigione dei  suoi due nipoti. La peste era una malattia endemica sempre in agguato, contro la quale non si avevano armi. Nel viterbese è documentata tra il 1499 e il 1500 e poi nel 1527, diffusasi dopo il passaggio dei Lanzichenecchi. In tali occasioni i notai sutrini, per redigere i testamenti, raccoglievano le ultime volontà dei malati di peste da sotto le finestre delle loro abitazioni.

LA DEVOZIONE SUTRINA A S. EUSEBIO

S. Eusebio  è stato uno dei primi Vescovi di Sutri, come è scritto in una antica memoria cartacea che si conserva nell’Archivio del Capitolo della Chiesa Cattedrale. Ha partecipato al Concilio romano celebrato dal Pontefice Ilario nel 465. Elevato agli onori degli altari, se ne celebra la festa il 19 dicembre (fino al 1800 era il 18 dicembre). E’ a lui intitolata una antica Chiesa nel territorio di Ronciglione, che è stata, fino al 1940,  Jus Patronato della Cattedrale di Sutri, con annessa tenuta di proprietà per metà della Fabbrica della Cattedrale e l’altra metà del Capitolo della Cattedrale. Ogni anno i Canonici della Cattedrale Sutrina andavano a celebrarvi i sacri Offici. La tenuta annessa alla Chiesa di S.Eusebio, per vari anni veniva locata a residenti Ronciglionesi i quali avevano contrattualmente l’obbligo di manutenzione della Chiesa, inoltre dovevano il giorno dell’officiatura offrire il pranzo a tutti i canonici della Cattedrale di Sutri, nonché il 15 agosto di ogni anno regalare un paio di pollastri per ogni canonico. La proprietà terriera circostante la Chiesa fu alienata nell’anno 1794.

Sant’Eusebio è dipinto sulla volta  della navata centrale nella Basilica Cattedrale di Sutri, vicino all’altare maggiore prima dell’immagine di S.Dolcissima. E’  opera del Cav.  Luigi Fontana, che probabilmente riprende un’iconografia più antica. Nella Cattedrale era anche presente una Cappella dedicata al Santo nella navata sinistra prima di salire le scale.

Esisteva  nel Borgo di Sutri un’altra chiesa cointitolata al Santo e a S. Rufino, con annesso ospedale e adiacente mulino posta nella valle terminale di S.Angelo, in contrada Martule nel Borgo minor, presso il ponte del Salvatore, contigua la necropoli, oggi il ponte sulla consolare Cassia prima della traversa di S.Fortunata.


Museo Patrimonium- frammento di dipinto della chiesa del Carmine ( S.Eusebio?)


Museo Patrimonium- frammento di dipinto della chiesa del Carmine (S.Eusebio)