Domenico da Sutri
Un personaggio che ha fatto onore all’Antica Città
© di Fiorella Proietti e Luigi Zuchi - 2009

 

A Roma, nel quartiere di Torrenova, scopriamo una via intitolata ad un tal “Domenico da Sutri”. Se facessimo un sondaggio fra i nostri concittadini, probabilmente scopriremmo che sono pochissimi quelli che ne hanno sentito parlare o che sanno chi egli sia stato. Eppure era un personaggio assai famoso cinque secoli fa! E se facessimo un salto indietro nel tempo?

….. Siamo a Roma, nell’anno del Signore 1509. Qui è attivo il nostro personaggio; sta lavorando con grande maestria alla costruzione di una spada. Non è una spada qualunque, ma uno “Stocco pontificio”, cioè un’arma squisitamente onorifica che il Papa dona ai difensori della Chiesa e della Cristianità, solitamente Re o Imperatori, che si sono distinti per particolari meriti, contro gli infedeli. La realizzazione di questi capolavori di oreficeria è affidata esclusivamente a orafi molto qualificati e il nostro Domenico è certamente uno dei migliori, se non il migliore in assoluto. Ha ricevuto l’incarico direttamente dal Papa Giulio II, che vuole consegnare la spada d’onore a Ladislao II, re d’Ungheria, dopo averla benedetta, com’è consuetudine, la notte di Natale. Lo Stocco deve recare incise sul fodero le insegne della Chiesa e del Papa donante e, sulla lama, il nome del Papa e l’anno di pontificato in cui avviene la donazione. Ecco perché Domenico Angeluzzi (Angelutii) detto Menico e soprannominatobeccoroscio, sta incidendo, sulla barra dell’elsa in argento dorato, due delfini con la coda arricciata che termina nelle due ghiande araldiche dei Della Rovere. Sulla lama a doppio taglio ha già inciso le figure di S. Pietro e di S. Paolo e la scritta: “JULIUS II PONT. MAX. ANNO II”, accanto alla quercia araldica della famiglia del Papa. La lunga impugnatura è, invece, ornata di foglie d’acanto e il grande pomo discoide terminale è abbellito da smalto blu. E’ veramente una spada degna di un Re! Ha la lama di acciaio fresato, lunga 158,2 centimetri e la cintura è in broccato tessuto con oro ed ha la fibbia in argento dorato. Il fodero, in argento dorato traforato, è ornato da un motivo a candelabra, da delfini, maschere grottesche e foglie d’acanto. Domenico è molto soddisfatto di come sta venendo il lavoro; non saprà mai che la sua spada, benedetta durante la terza Santa Messa di Natale e donata nell’estate del 1510, sarà considerata dai posteri uno dei più squisiti manufatti di armeria dell’intero Rinascimento. Il nostro “Aurifex in Urbe”, come è definito nei documenti notarili, aveva già collaborato col proprio padre Michele, detto “beccoroscio”, anch’egli “magistro aurifex”, alla realizzazione di un gruppo di sculture dorate raffiguranti i dodici apostoli, destinate alla cappella di Papa Alessandro VI, nei musei Vaticani.

Anche lo zio Girolamo, il nonno Laurenzio ed il bisnonno Andrea erano stati orafi (Magistri). Ora lui, coniugando mirabilmente il senso artistico e creativo che gli è proprio e la lunga esperienza tecnica che gli deriva della sua famiglia, può raggiungere i massimi vertici nella produzione.

Ecco, la spada può dirsi terminata; è ancora più bella di quella che aveva realizzato nel 1493, destinata a re Giacomo IV di Scozia. E’ pronta per essere consegnata insieme al “berrettone”, il copricapo ornato con la colomba simbolo pontificale. Il Papa può pagare con soddisfazione i duecentosette ducati richiesti come compenso!……..

La spada donata a re Giacomo IV di Scozia, è conservata al Museo di Edimburgo unitamente ad una rosa aurea, realizzata nel 1493, mentre quella donata a Ladislao II si trova nel Museo Nazionale Ungherese di Budapest.

Lo stocco di Zurigo a.d.1512

Fra le grandi opere di Domenico da Sutri c’è anche la spada donata a Massimiliano d’Asburgo (anno 1512) oggi conservata al Landesmuseum di Zurigo (in cattive condizioni come rileviamo dalla foto inviataci). La rosa d’oro (aurea) era un’altra onorificenza conferita dai Papi; ne possiamo vedere una rappresentazione in un affresco nella volta della sala dei “Fasti” nel Palazzo Farnese di Caprarola, donata nel 1435 dal Papa Eugenio IV a Ranuccio Farnese, comandante dell’esercito pontificio.

Lo stocco di Girolamo Angeluzzi a Kassel

Anche lo zio di Domenico, Girolamo Angeluzzi nel 1491 su commissione del Papa Innocenzo VIII (1484-1492 il cui stemma fino al 1908 era collocato a Sutri sul fronte della Porta denominata Card. Giovanni Morone, poi trasferito e tuttora presente nell’antistante giardino) aveva confezionato uno “stocco” della lunghezza di 138 cm. e larghezza lama cm. 4,7 da consegnare a Wilhelm I Langravio d’Assia e oggi conservato al Landesmuseum Schloss Wilhelmshuhe di Kassel (Germania). L’opera era costata al Papa 168 ducati d’oro ed il berrettone con la colomba ben 77 ducati. Sulla lama dello “stocco” la dicitura “ECCE GLADIVM AD DEFENSIONEM CHRISTIANEM VERE FIDEI INNOCEN CIBO GENVEN PP. VIII PONTIFICA SVI ANNO VIII”.

Laurenzio figlio del fu Magistro Andrea Angeluzzi (nonno del nostro Domenico Angeluzzi) era sposato con Dna Bionna fu Giovanni Menici Mentoli. Dal matrimonio erano nati i figli Michele (padre di Domenico) e Girolamo (sposato con Dna Paradisa da cui erano nati Agostino, Laurenzio e Francesca).

Con atto del 20.10.1448 notaio Di Cristoforo, Michele Angeluzzi (detto anche Michelangelo, padre del nostro Domenico) con l’intervento del padre Magistro Laurenzio aveva sposato Dna Laurenzia figlia di Cola Giovanni Colonna e la dote conferita dal padre di Dna Laurenzia era di 150 fiorini da erogare in varie rate dopo la consumazione del matrimonio.

Dal matrimonio del Magistro Michele Angeluzzi detto beccoroscio con Dna Laurenzia Colonna erano nati i figli Santa, Domenico, Lucia e Matteo.

Santa si sposò con il nobile Dno Stefano fu Laurenzio Moscardi, Lucia si sposò con Andrea di Matteo Salomoni di Nepi (atto 16.1.1492 prot.57 not. Placido Franchi - dote di 70 fiorini erogata dal fratello Domenico in quanto il padre Michele era deceduto) poi alla morte del marito Andrea Salomoni sposò, il 17.8.1505 prot.66 per atto del notaio Placido Franchi, Felice Celluzzi con dote di 50 fiorini, Matteo, anch’egli detto beccoroscio, il 17.1.1501 prot.43 per atto del notaio Nicola Rofolo sposò Dna Palma del fu Domenico Nicolai della mastra di castro Mazzano e la dote conferita da Dna Palma era rappresentata da una casa in castro Mazzano.

In un atto rogato il 10.12.1505 prot.45 dal notaio Nicola Rofolo, il nostro Domenico fu Michele Angeluzzi, detto beccoroscio e fratello Matteo unitamente al cugino Laurenzio (anch’egli Aurifex in Urbe), intervenuto anche in rappresentanza del fratello Venerabile viro Dno Augustino del fu Girolamo Angeluzzi (canonico in S.Maria Maggiore di Roma), vendono a Giovanni Pietro fu Enrico di Vaudano de Cambiano diocesi Torinense e abitante nel Borgo di Sutri nell’Albergo delle Chiavi, una casa solarata con retro orto e discoperto, con tegole e canali rotti ed il legname del tetto verso la strada pubblica marcio, a suo tempo, denominata “l’Osteria del Leone” a confine con gli eredi del fu Dno Adriano Maristelli, proprietà Dno Prisco fu Coluzio Basili, retro valle Sant’Angelo, via pubblica (oggi la struttura immobiliare è tuttora individuabile ed è posta di fronte Porta Franceta, al di là della consolare Cassia, fra l’antiquariato Bannister e la struttura base dell’Albergo del Falcone -oggi proprietà De Marchis-) per l’importo di 122 ducati e mezzo di cui 40 ducati al momento della stipula e 82 ducati e mezzo entro un anno. Atto stipulato (in domo di Domenico detto beccoroscio) in Monasterio Sant’Eustachi de Urbe, posita in Roma in Regione Pontis a confine con prop. Dno Giacomo Alberini, proprietà eredi Dno Mariano de Magistris di detta Regione Pontis, via pubblica e altro lato. Testi presenti Chiarissimo Ill.mo nobile doct. Dno Giacomo Antonio Rogeri de Sutrio (Governatore di Foligno) e Alessandro Sabi de Siena.

L’immobile alienato è stato per vari anni l’officina (Apoteca) dove Domenico suo padre Michele lo zio Girolamo ed il figlio Laurenzio hanno lavorato e prodotto tante mirabili opere.

Dal 1505 rileviamo che Domenico detto beccoroscioaurifex in Urbe” e suo cugino Laurenzio fu Girolamo anch’egli “aurifex in Urbe” lavoravano in Roma nella regione Pontis, vicino il Monastero di Sant’Eustachio, ci domandiamo, se è possibile, che oltre lo stocco pontificio del 1512 non abbiano prodotto altri manufatti di pregio?

Aggiungiamo che prima dell’1.1.1492 Michele Angeluzzi detto “beccoroscio” era deceduto, mentre il nostro Domenico soprannominato anch’egli “beccoroscio”, probabilmente a Roma, era deceduto prima dell’anno del Signore 1517.

Dopo tali premesse, ci auguriamo che la Comunità Sutrina, vista la levatura dei personaggi, ne assuma onori ed oneri per valorizzarne e diffonderne la conoscenza. Nemo propheta in patria. E’ il minimo e doveroso riconoscimento della città natale al grande concittadino Domenico da Sutri, sopranominato “beccoroscio”.



 


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